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Tolkien e l’oscurità di questo mondo

di The Wanderer

È notevole come vari autori del secolo scorso abbiano potuto prevedere e perfino sperimentare in se stessi l’angoscia delle nuvole scure che vedevano avvicinarsi silenziosamente. Tra i nostri autori, ad esempio, Leonardo Castellani [saggista, poeta e teologo argentino, ndr], e ad altre latitudini T.S. Elliot, C.S. Lewis o J.R.R. Tolkien.

Ne Il Signore degli anelli, Tolkien fa cantare a Sam queste parole nella fortezza di Cirith Ungol.

Qui giaccio, alla fine del mio viaggio,

affondato nell’oscurità profonda:

oltre tutte le alte e possenti torri,

oltre tutte le aspre montagne,

Sopra tutte le ombre cavalca il Sole

ed eternamente dimorano le Stelle.

Non dirò che il Giorno è finito

né dirò addio alle Stelle.

Tolkien credeva che la storia umana, radicata in un mondo decaduto, fosse destinata a essere poco più che un susseguirsi di sconfitte e delusioni, e che anche le vittorie recassero l’ombra di perdite irreparabili. Ma la storia è temporanea, è tanto bloccata nel tempo quanto radicata nella Caduta, e di per sé non è che l’ombra dell’eternità. Al di là delle sconfitte della nostra storia c’è sempre la speranza della gioia eterna. Scrisse Tolkien: «Io sono cristiano, e cattolico romano, e quindi non mi aspetto che la “storia” sia qualcosa di diverso da una “lunga sconfitta”, benché contenga alcuni esempi e intuizioni della vittoria finale» (lettera al figlio, 1956).

Col passare del tempo, questa sensazione diventò quasi una certezza. In una lettera alla sua amica Amy Ronald, datata 16 novembre 1969, scrisse: «Che mondo orribile, oscurato dalla paura, carico di dolore, è il mondo in cui viviamo! Soprattutto per coloro che sopportano anche il peso dell’età, i cui amici e tutti coloro che si prendono cura in modo particolare soffrono dello stesso. Chesterton ha detto che è nostro dovere mantenere alta la Bandiera di Questo Mondo: ma oggi richiede un patriottismo più vigoroso e sublime rispetto ad allora. Gandalf aggiunse che non sta a noi scegliere l’epoca in cui nasciamo, ma fare ciò che è in nostro potere per comporla; ma lo spirito del male nelle alte cime è ora così potente e le sue incarnazioni hanno così tante teste, che sembra non ci sia nient’altro da fare se non rifiutarsi personalmente di adorare una qualsiasi delle teste dell’idra».

Eppure, al di là delle tenebre e dell’angoscia, c’è sempre un motivo per incoraggiare «la speranza alla quale siamo stati chiamati» (Ef 1,18). In una lettera a uno dei suoi figli Tolkien scriveva: «Siamo nati in un’età oscura fuori dai tempi previsti (per noi). Ma c’è questa consolazione: diversamente non sapremmo cosa amiamo o non lo ameremmo così tanto. Immagino che il pesce fuor d’acqua sia l’unico che ha una vocazione acquatica. Di modo che nel Miracolo Primordiale (la Resurrezione) e anche nei miracoli cristiani minori, anche se in minor misura, non c’è solo uno scorcio improvviso della verità dietro l’apparente Ananke del nostro mondo, ma uno scorcio che è davvero un raggio di luce attraverso le crepe stesse dell’universo che ci circonda».

Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com

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