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Lettera ad Aurelio Porfiri su un’implorazione efficace

Caro Aurelio,

“Quando vedi che le cose si complicano, di’ con gli occhi dell’anima chiusi: Gesù, pensaci tu”. Così diceva don Dolindo Ruotolo (1882 – 1970), mistico napoletano del quale Padre Pio, rivolto ad alcuni pellegrini prevenienti da Napoli, disse una volta: “Perché venite qui, se avete don Dolindo a Napoli? Andate da lui, egli è un santo”.

Ti confesso che anch’io mi ritrovo sempre più spesso a ripetere quell’implorazione: “Gesù, pensaci tu”. Non è un modo per fuggire dalle responsabilità. È, semplicemente, una constatazione: noi, da soli, non possiamo farcela. Tanto più quando, come in questa nostra epoca, le cose si complicano tantissimo.

Di fronte a pastori secolarizzati e apostati, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a una Chiesa che non chiede la conversione dei cuori a Dio ma parla come l’Onu, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a un mondo che chiama i peggiori peccati “diritti” e a una Chiesa che si piega e si adegua, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu”?

Di fronte a un pensiero corrente che rifiuta l’idea stessa di verità e accetta solo l’idea del pluralismo, ma poi nei fatti emargina e diffama chi non è allineato, che vuoi dire se non “Gesù, pensaci tu?”.

Il Vangelo è chiaro: “Allora Gesù rispose ai suoi discepoli: abbiate fede in Dio! Vi assicuro che, se avete fede, potrete dire a questo Monte degli Ulivi: àlzati e buttati in mare, e lo farà. Tutto ciò che è necessario, è che voi crediate veramente e non abbiate dubbi. Ascoltatemi! Potete pregare per qualsiasi cosa e, se avrete fede, la otterrete di sicuro!” (Marco 11:22-24).

Quando parlo di fede penso anche alla fede della Chiesa in se stessa, nei suoi dogmi, nella dottrina che ha sempre insegnato ma che poi, a un certo punto, ha abbandonato. E perché l’ha abbandonata? Perché non ci ha più creduto e ha sposato le idee del mondo. E così i preti si sono trasformati in brutte copie dei sociologi e i vescovi in brutte copie di politicanti opportunisti.

A volte lettori e amici mi chiedono: che cosa sarà della Chiesa e della fede? Sei ottimista o pessimista? Ovviamente il battezzato cattolico non può essere né ottimista né pessimista, perché queste sono categorie che non gli appartengono. O meglio, è nello stesso tempo ottimista e pessimista, come spiegò l’arcivescovo Giacomo Biffi (mi accorgo che lo sto citando spesso) in un’intervista: “Ogni cristiano è ottimista quando guarda le cose nella loro natura, poiché tutte provengono dall’unico Dio creatore. È pessimista in quanto sa con certezza dalla Rivelazione che tutti gli uomini, presi per se stessi, sono peccatori e ‘privi della gloria di Dio’ (Rm 3,23). Ed è ancora ottimista perché sa che esiste un Padre, ‘il quale vuole che tutti gli uomini si salvino’ (1 Tm 2,4), un Redentore di tutti, che è risorto, vivo e vincitore, e uno Spirito Santo che distribuisce i suoi doni e le sue grazie ‘come vuole’ (1 Cor 12,11), e quindi anche a quelli che noi giudichiamo lontani e a noi ostili”.

Quindi preghiamo, preghiamo e preghiamo. Non lasciamoci travolgere dall’attivismo. Mettiamo Dio in cima a tutto. Ripetiamo, con fede: “Gesù, pensaci tu!”. E, se proprio non resistiamo alla tentazione di aggiungere qualcosa, diciamo: “Nel mio piccolo, voglio darti una mano. Tuttavia, non sia fatta la mia volontà, ma la tua!”.

Aldo Maria Valli:
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