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E Tucho scambiò il cattolicesimo per un baccanale

di Rita Bettaglio

Alla voce Víctor Manuel Fernández, Wikipedia recita:

Víctor Manuel Fernández, detto Tucho  Alcira Gigena, 18 luglio 1962), è un cardinale, arcivescovo cattolico e teologo argentino, dal 1° luglio 2023 prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, presidente della Pontificia commissione biblica e della Commissione teologica internazionale.

Cardinale? Sia. Teologo? Mezzo e mezzo. Cattolico? Per nulla, verrebbe da dire a fronte delle sue performances quale prefetto dell’ex Sant’Uffizio.

Tucho scrive anche libri. Parafrasando il poeta, il nostro cardinale scrive, scrive e ha anche altre virtù. Quali esse siano preferiamo non saperlo. Ci bastano gli scritti.

Se il buongiorno si vede dal mattino, il nostro fulgido sol del presente (l’avvenire lo affidiamo, supplici, alla misericordia di Dio) ha mosso i primi passi con due operette dai titoli e contenuti da postribolo.

1995: Saname con tu boca, Sanami con la tua bocca, dedicato all’”arte del baciare”. Opera che gli valse il soprannome Tucho besame mucho. E son soddisfazioni…non c’è che dire. Ma quanto gli varranno nel Dies irae?

1998: La pasión mística. Espiritualidad y sensualidad, Ediciones Dabar (Colección Espiritualidad), 94 pagine.

Se il primo fu un assaggio, il secondo è il piatto forte: blasfemo, morboso, laido, turpe e francamente pornografico. Il volumetto disquisisce con dovizia di particolari (esperienziali?) sull’orgasmo maschile e femminile, arrivando ad affermare che “l’orgasmo, sperimentato alla presenza di Dio, può anche essere un sublime atto di adorazione di Dio”.

Cardinale Fernandez, cosa intende di preciso quando dice “l’orgasmo sperimentato alla presenza di Dio?”. Copulare in luogo sacro? Si spieghi, eminenza.

Per Tucho, Dio sarebbe presente nell’orgasmo della coppia. Qualsiasi coppia, anche omosessuale.

Non è che l’allora parroco Tucho ha scambiato il cattolicesimo per baccanali o riti dionisiaci?

Non dobbiamo fuggire o nasconderci da Dio quando godiamo, perché è lui che “ha creato tutte le cose per il nostro godimento” (1Tim 6,17)”, prosegue. In realtà la citazione è capziosa perché il versetto completo dice: “Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dà con abbondanza perché ne possiamo godere”. La Vulgata dice che Dio præstat nobis omnia abunde ad fruendum. Utilizza il verbo fruor, da cui deriva fructus: Dio ci dà ogni cosa in abbondanza perché ne ricaviamo non un piacere egoistico e carnale, ma un frutto che dura per l’eternità.

Nessun riferimento, nella penna libidinosa del futuro cardinale, alla trasmissione della vita, alla fecondità, questa sì, voluta da Dio come cooperazione alla sua opera. “Dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo” (Sal 127,3).

I figli sono il frutto, non il godimento egotistico e sterile proposto dal teologo arrapato.

Cosa direbbe il compianto cardinal Ottaviani, il “carabiniere di Santa Romana Chiesa”, nel vedere il Sant’Uffizio occupato da gente che parla un linguaggio da lupanare? Che direbbe a Tucho, che ha scritto queste laidezze e poi ha nascosto il libro, progenitore di cotale Fiducia supplicans?

Aldo Maria Valli:
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