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È tempo di tornare a essere uomini

di Itxu Diaz*

The American Conservative

Nella lunga lista di cose assurde che ho fatto nella mia vita forse la più assurda è stata studiare sociologia. Secondo PJ O’Rourke, la sociologia è una di quelle major universitarie inventate dai liberali “per dimostrare che niente è colpa di nessuno”. Durante i miei anni di studio, in effetti, sono riuscito a scoprire come la sinistra costruisca nelle università i suoi discorsi e soggetti inesistenti, tentando di sostenere con teorie accademiche modi di vivere innaturali.

La sociologia è la scienza che dedica milioni di pagine a giustificare che uomini e donne sono costruzioni sociali, e non fatti biologici, anche se basterebbe a qualsiasi osservatore illetterato fidarsi della propria vista per rilevare che la natura ha le sue idee in materia.

Sociologia di Giddens, il grande manuale della disciplina, dedica molte pagine a parlare di genere e sessualità. Non sorprende scoprire che tutto ciò che ho studiato una volta, e che all’epoca sembrava fantascienza, ora viene riprodotto sulla stampa, per strada, su Netflix e in ogni altra nicchia culturale che puoi trovare. Il succo sta nel primo paragrafo, dove Giddens ci racconta il caso di un pugile, sposato due volte e con diversi figli, che all’età di settantuno anni ha deciso di diventare donna. Se ci pensi, iniziare un capitolo sulla sessualità con la storia di un ragazzo con una particolarità che rappresenta una piccola percentuale della popolazione – persone che non si sentono a proprio agio con quello che hanno tra le gambe – è manipolativo e riflette una seria mancanza di rigore accademico. Ho sempre voluto chiedere a Giddens: se il corpo è “un costrutto sociale”, che diavolo è la sociologia?

Seguendo R. W. Conell, Giddens, esponente del femminismo woke [letteralmente “sveglio”, inteso come “stare all’erta” contro presunte ingiustizie e discriminazioni, NdT] si addentra poi nel mondo della mascolinità. E distingue tra una mascolinità dominante e una “mascolinità egemonica” (esemplificata da tipi come Arnold Schwarzenegger e Donald Trump), una “mascolinità complice” (presente negli uomini che non hanno il coraggio di essere “egemonici” nella loro vita pubblica ma si comportano così nel loro ambiente familiare) e quella che Giddens chiama “mascolinità omosessuale”, che chiama “l’opposto dell’uomo autentico”.

L’autore sottolinea anche che la “mascolinità egemonica” beneficia della “femminilità stressata”, che denigra. Giddens sostiene che la “femminilità stressata” è espressa da donne docili che si limitano a soddisfare i desideri dei loro uomini. Se sono giovani, associa quelle donne alla ricettività sessuale; se sono più grandi, alla maternità. Come spesso accade, non tiene conto della possibilità che le donne siano libere di decidere di fare tutto ciò che vogliono della loro vita.

La trappola in cui cadono questo autore e tutti i paladini del femminismo woke parte da una doppia bugia: la loro negazione della biologia e il loro disprezzo per i valori maschili. Paradossalmente, nella loro esaltazione del femminismo, esigono che le donne adottino quegli stessi ruoli maschili che vietano agli uomini, compresa la capacità di dominio e la libertà individuale. In effetti, è per questo che le femministe woke sono in guerra: è inconsistente disprezzare una qualità negli uomini ed esaltarla nelle donne.

Tutte queste teorie, avanzate nei libri di testo universitari, sono già presenti nel nostro discorso politico. Fanno parte dell’agenda identitaria che la sinistra culturale e politica sta imponendo. In questa battaglia, gli uomini sono spesso messi alle strette, accusati di crimini che non hanno commesso, gettati nell’ombra del sospetto e vincolati da pregiudizi nei loro rapporti con le donne. In molti paesi, la testimonianza delle donne è privilegiata rispetto a quella degli uomini. La Spagna, ad esempio, ha appena approvato una legge che amplia la definizione di violenza sessuale fino a comprendere le violazioni delle definizioni di consenso in stile campus. I tribunali, di conseguenza, sono stati saturati da migliaia di false accuse. Chi l’avrebbe mai detto?

Per bilanciare la mia lettura di Giddens, mi sono rivolto a un libro del 1870 intitolato Gli uomini giudicati dalle donne, che raccoglie i migliori testi scritti dalle donne sugli uomini, sottolineando cosa piace di loro ed evidenziando le loro diverse virtù. In breve, i valori che cercano negli uomini sono tre: lealtà, coscienza e coraggio. Sorprendentemente, cose come la fluidità di genere, la sensibilità o la sottomissione non appaiono da nessuna parte. E per quanto riguarda l’uguaglianza, la visione del libro è un’altra novità: i suoi autori difendono l’affermazione che non esiste la superiorità maschile o femminile e che la natura ha dato a entrambi i sessi la giusta misura di uguaglianza.

Senza subire pressioni ideologiche contemporanee, le donne dell’antologia parlano senza freni – e con tremenda durezza – degli uomini che usurpano valori tipicamente femminili, forse alla ricerca di un’uguaglianza fittizia. “L’ uomo-donna non ha né il valore dell’uno né le virtù dell’altro”, dice una delle donne. “La negazione dei due sessi, è un essere senza nome, in una parola è un mostro”.

C.S. Lewis, che pure ha dedicato molte righe alla comprensione del cuore dell’uomo, diceva che il gentiluomo deve abbracciare due estremi: essere “un uomo di sangue e di ferro” e allo stesso tempo essere “un ospite pudico, quasi una fanciulla in una sala, un uomo gentile, modesto, non invadente”.

Con uomini così è possibile creare un mondo migliore. Con uomini smarriti, timorosi di infrangere le norme identitarie progressiste contemporanee, sottomessi all’uno o all’altro e incerti della propria mascolinità, non c’è nulla che si possa costruire che non crolli: non una relazione, non una famiglia, non un progetto professionale, non una nazione.

Se guardi alla legislazione di genere nei paesi di tutto il mondo, se leggi le riviste della domenica e se dai un’occhiata agli argomenti di tendenza su Twitter, vedrai che ovunque gli uomini subiscono pressioni per frenare la loro mascolinità, come se fosse una specie di veleno. La verità è che non c’è motivo di frenarla e che il mondo sarebbe un posto peggiore senza valori maschili.

Ma è anche maschile preservare amicizie forti e leali o essere un buon padre. Un uomo coraggioso, nobile, forte, leale ed elegante è una compagnia migliore di un uomo codardo, ignobile, sdolcinato, sleale e impacciato. A volte sembra che l’ideologia progressista dominante cospiri contro gli uomini, ma anche in questo si sbagliano. La verità è che cospirano contro le donne.

Uomini meno mascolini significano donne meno soddisfatte, madri che devono essere sia madri che padri a casa; fidanzate che non sanno pianificare e sognare intorno ai loro partner perché si piegano e si rompono come paglia; pendolari che non cedono il posto in metropolitana a una signora; o fidanzate che non riescono a trovare una spalla affidabile e serena su cui piangere.

Certo, è più comodo essere un uomo di paglia, uno di quei ragazzi che nascondono la mancanza di coraggio, impegno e ambizione alla ricerca di una versione femminista della mascolinità che lo porti a diventare una persona peggiore e una compagnia peggiore.

È tempo di tornare a essere uomini, uomini sani. La natura ha fatto in modo che ci completassimo e ci amassimo a vicenda, e lottare contro di essa, come intende fare la sinistra, non può che portare alla malinconia.

Alla fine, tutti i libri di sociologia del mondo possono bastare per convincere burocrati e legislatori. Ma la biologia non può essere ingannata.

*giornalista e scrittore satirico spagnolo

@itxudiaz, www.itxudiaz.com

Fonte: theamericanconservative.com

Aldo Maria Valli:
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