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Doppio cognome ai figli? Nella “capitale dei diritti” è un flop

Chi si ricorda della faccenda del doppio cognome? Era il mese di giugno (tre mesi fa, non tre anni) quando una sentenza della Corte costituzionale permetteva per la prima volta in Italia di dare al figlio anche il cognome della madre. L’hanno chiamata “rivoluzione della matrilineità” e per alcuni giorni ha tenuto banco nelle cronache nazionali. Poi più nulla. Forse perché non interessa a nessuno?

Una risposta arriva da un articolo del Corriere della sera dal quale apprendiamo che a Torino (autonominatasi Capitale dei diritti) “per dare il cognome della madre al neonato si muove una coppia su dieci”. Insomma “la rivoluzione della matrilinearità in città non decolla e nella Capitale dei diritti i torinesi sembrano preferire ancora rimanere dalla parte della tradizione”. Oh bella!

Le cifre. “Dal 1° giugno 2022 a oggi, su 1.049 atti di nascita registrati dai cittadini italiani negli uffici delle anagrafi del capoluogo piemontese, sono soltanto 102 le coppie che alla fine hanno scelto di attribuire il cognome di entrambi i genitori alla propria bambina o bambino”.

Dunque, sebbene la Consulta abbia sentenziato che la regola di attribuire al nuovo arrivato il cognome paterno è “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio”, pare proprio che ben pochi la considerino, in realtà, una discriminazione.

Ma com’è possibile che tutto ciò accada, si chiede l’articolo senza nascondere lo sconcerto, in una città come Torino, “Città dei diritti, che nel 2018 è stato il primo comune italiano a registrare nell’anagrafe cittadina il figlio di due madri, riconoscendo per la prima volta nella storia d’Italia il diritto al cognome alle coppie omogenitoriali”?

Difficile capire, dice l’assessore alla Cura della Città, Protezione Civile, Servizi Civici e Decentramento, Francesco Tresso, il quale a sua volta non nasconde lo stupore: “I torinesi di solito sono più progressisti. Il fatto che solo una coppia su mille abbia deciso di dare il cognome materno al proprio figlio dimostra che c’è ancora un tradizionalismo da vincere. Forse questa nuova possibilità sarà sfruttata in massa dalle nuove generazioni: dalle mamme e dai papà di domani”.

E se per caso il problema fosse che, in realtà, del doppio cognome non interessa niente a quasi nessuno?

L’ipotesi non è contemplata dall’assessore Tresso, il quale assicura che c’è solo “bisogno di assestamento” e le istituzioni sono pronte: “Le anagrafi torinesi hanno riscritto tutta la modulistica, occupandosi di formare anche il personale”.

Ma quale sarà stato il costo di questa operazione condotta per qualcosa di cui alla gente non interessa quasi niente? Non è dato sapere.

Indomito, l’assessore guarda al futuro. “Che cosa succederà quando ci saranno figli di genitori con doppi cognomi o situazioni in cui entrambi i genitori non sono concordi sul cognome da dare al neonato? Bisognerà capire come muoversi”. E per questo “il Comune di Torino da settembre si preoccuperà sicuramente di realizzare sul suo sito istituzionale una divulgazione più chiara”.

Bene. Auguri. Non sia mai che una Capitale dei diritti possa farsi trovare impreparata. E magari (orrore!) passare per tradizionalista.

A.M.V.

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Aldo Maria Valli:
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