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Dibattito / La Chiesa, la testimonianza di monsignor Viganò, il metodo Bergoglio. Parliamone

Cari amici di Duc in altum, dopo l’articolo di Fabio Battiston Domande in margine alle dichiarazioni di monsignor Viganò, la risposta arrivata da un “ministro ordinato di santa romana Chiesa” e la replica di Battiston, ecco altri contributi sul tema.

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Caro dottor Valli,

l’interessante dibattito innescatosi tra Fabio Battiston e il “ministro ordinato” mi suscita alcune brevi considerazioni che provo a sottoporre a lei e a tutti gli amici di Duc in altum.  A mio parere non suscita alcuna riserva l’atteggiamento chiaro e dottrinalmente ineccepibile di monsignor Viganò. Egli non fa altro che il suo dovere di pastore e successore degli apostoli.

Stupisce non poco invece, e in questo condivido le osservazioni di Battiston, la passività e remissività della curia romana, pontefice in testa. Sul punto mi ero già soffermato in un mio articolo, pubblicato nel novembre 2020, sul blog di Europa cristiana.

In questo testo già mi chiedevo: perché negli anni Settanta scattarono severe sanzioni canoniche contro monsignor Marcel Lefebvre e oggi, sotto un papa impulsivo e spesso iracondo, nulla di tutto ciò si sta verificando?

Allora provai a identificare la causa solo nel fatto che monsignor Viganò non ha fondato né seminari né congregazioni religiose che potrebbero perpetuarsi nel futuro. Oggi tuttavia, dopo ulteriori riflessioni, mi sentirei di esprimere anche altre motivazioni che comunque non eliminano quella principale:

1 – Papa Francesco ha dimostrato più volte di non gradire il campionario “classico” delle sanzioni canoniche: obbligo al silenzio, sospensioni a divinis, scomuniche, deferimenti alla Congregazione per la dottrina della fede. Ciò non significa ovviamente che il pontefice non sia propenso alle punizioni. Egli però, con stile tipicamente gesuitico, predilige piuttosto le azioni più indirette e subdole: obbligo di dimissioni, sollevamento dalle cariche immotivato, dileggio e sarcasmo all’interno di interviste, discorsi e omelie, umiliazione pubblica degli avversari senza magari mai pronunciarne il nome.

2 – È chiaro, a tal proposito, che una personalità come monsignor Viganò non può temere alcuno di questi atteggiamenti. Egli non ricopre più alcun incarico curiale, non guida alcuna diocesi, non aspira al cardinalato, non ha, almeno credo, problemi economici o amici da difendere, ha dimostrato di non farsi intimidire o minacciare.

3 – In un primo momento si è provato allora a mobilitare i media contro monsignor Viganò, adombrando motivazioni di mancata carriera alla base delle sue critiche. La manovra tuttavia non è riuscita probabilmente perché ai fedeli non parve credibile e inoltre, così facendo, si sarebbe forse rischiato di far uscire storie ben più compromettenti a carico di uomini della Curia. E, si sa, mentre in Italia la stampa è sempre pienamente controllabile, così non è in alcuni paesi, anche importanti, come gli Stati Uniti.

4 – Lascio in fondo la motivazione forse più delicata: monsignor Viganò, durante il suo servizio nella diplomazia vaticana e nella curia romana, ha già dimostrato di aver acquisito informazioni e documenti assai delicati e potenzialmente compromettenti (vedi caso McCarrick). Meglio allora lasciare tranquillo un personaggio potenzialmente molto pericoloso.

5 – Non resta dunque che la strategia del silenzio. Non rispondere, non reagire, non considerarlo e sperare, magari, in qualche incidente di percorso. Questa strategia è già stata utilizzata, pare con successo, in molte altre situazioni assai delicate: dubia, pachamama, Dichiarazione di Dubai e via dicendo.

Vorrei precisare, in conclusione, che non ho informazioni riservate o notizie di corridoio. Sto solo cercando di pensare e usare la ragione. Grazie dottor Valli per l’ospitalità.

Marco Bongi

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Egregio Aldo Maria Valli,

a proposito delle dichiarazioni di monsignor Viganò, forse è passato inosservato il passaggio in cui l’arcivescovo ha parlato di totale estraneità di Bergoglio al papato dicendo che questa alienità è insanabile. “Essa – così afferma l’arcivescovo – è percepita istintivamente anche dai semplici fedeli come il rigetto di un organo trapiantato in un organismo che non lo riconosce come proprio. Il sensus fidei fa loro comprendere ciò che l’analisi delle sue dichiarazioni ereticali conferma al teologo o al canonista”.

Pertanto, vi chiedo: cosa dovrebbe dire di più, senza andare oltre il suo ruolo, per far comprendere la situazione?

La bellezza di monsignor Viganò è che possiede uno sguardo soprannaturale che pochi oggi dimostrano di avere, soprattutto sulla realtà ecclesiale. Egli, infatti, mostra di sapere bene che cosa veramente e profondamente è la Chiesa e ha consapevolezza chiara che extra Ecclesiam nulla salus. Ed è proprio questo, così mi pare di capire, il motivo per cui cerca di aiutare le pecore a riconoscere nei pastori la voce del Pastore per poter effettivamente rimanere nel Suo gregge. Le pecore non devono, come spesso si sente dire oggi, salvare la Chiesa. Ma come può un cattolico anche solo pensarlo? Al contrario, è la Chiesa la salvezza (cfr. Catechismo della Chiesa cattolica, n. 760) ed è in essa che dobbiamo e vogliamo rimanere, costi quel che costi. Tutto l’impegno di monsignor Viganò mi sembra un “urlare” questa verità. La Chiesa, per quanto semper purificanda, è santa e santificante e non ha bisogno di essere da noi salvata, ma riconosciuta e abbracciata.

Lettera firmata

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Caro Valli,

credo che il buon Battiston abbia ottime ragioni per interrogarsi. Credo che il problema sia molto più grave, e di non facile risoluzione. Anzi, credo che la risoluzione sia proprio impossibile, umanamente parlando.

Siamo arrivati infatti a un punto di non ritorno: abbiamo documenti di presunto magistero che contraddicono altri documenti precedenti, e decisioni di governo che ne ribaltano completamente altre prese solo pochi anni prima (vedasi Traditones custodes vs Summorum pontificum).

È stata quindi attraversata una linea rossa che non andava attraversata, e che permetterà ai nuovi pontefici di contraddire i predecessori senza troppi problemi.

Il che praticamente demolisce il fondamento su cui si basa l’obbedienza dei cattolici, perché uno stesso fedele si trova, nel corso della sua vita, a ricevere disposizioni completamente opposte tra loro.

Non solo confusione quindi, ma un vero e proprio “liberi tutti”, perché tanto il prossimo papa potrebbe cambiare idea.

E mi viene da dire: quelli di noi che ritengono sbagliate alcune (o molte, o tutte) decisioni di Bergoglio possono davvero in coscienza pregare affinché il prossimo pontefice faccia delle giuste rettifiche?

Immaginiamo che il prossimo Vicario di Cristo sia un oppositore di Bergoglio: cosa ci guadagnerebbe la Chiesa ad avere un nuovo papa che contraddice il suo predecessore? Non getterebbe ulteriore benzina sul fuoco della già divampante confusione?

Per questo ho iniziato dicendo che il problema è molto più grave e complesso. Non c’è modo di tornare indietro facilmente, senza fare ulteriori danni. Non c’è nessuna scappatoia dal disastro che si e’ abbattuto su tutti noi.

La Chiesa è realmente devastata dalle eresie, dalla disobbedienza e dai conflitti. È una biglia che rotola su un piano inclinato: non si può più fermare. Perché’ ad oggi non esistono soluzioni umane che siano praticabili.

Personalmente ritengo che la crisi della Chiesa iniziata formalmente con il Concilio riguardi tutti i pontificati degli ultimi decenni e non certo solo l’ultimo. Bergoglio ha portato avanti l’agenda dei suoi predecessori in tutto e per tutto. Tranne sulla questione liturgica, verrebbe da dire, ma solo se prendiamo per buona la narrazione che vedrebbe in Ratzinger un sapiente difensore della tradizione liturgica. La verità è che Ratzinger ha fatto un pastrocchio con il Summorum pontificum, inventandosi le due forme dell’unico rito e Bergoglio è dovuto intervenire per rimettere ordine, nell’unico modo che ha un senso logico e che è coerente con l’agenda conciliare. Agenda, ripeto, portata avanti da tutti gli ultimi pontefici, nessuno escluso.

Per non parlare dei danni causati dalla finta abdicazione di Ratzinger, che invece di sparire dalla circolazione e cessare di esistere per il mondo (come vorrebbe il minimo buon senso), si è inventato il papato emerito (!?) con l’unico risultato disastroso di mostrare ai fedeli due tizi diversi vestiti di bianco. Una situazione imbarazzante che ha alimentato ulteriormente il conflitto tra cattolici, e che ha deviato le menti di alcuni bravi fedeli che da anni farneticano di papi e presunti antipapi. Tutto pur di non fare i conti con la realtà, drammatica, che stiamo vivendo e che ci ha trovati completamente impreparati. Una realtà in cui il papa dice cose eretiche pur rimanendo il papa. E questo perché il collegio cardinalizio è pieno di gente che dice cose eretiche e non si capisce perché dovrebbe insorgere contro il pontefice regnante. Ivi compresi i presunti conservatori, i firmatari dei Dubia e via discorrendo, che non hanno mai rigettato con forza le eresie degli ultimi decenni e non hanno mai preso una posizione netta nei confronti del modernismo dilagante.

Di fronte a tutto questo siamo ovviamente e giustamente travolti dal disorientamento, eppure se ci fermiamo un attimo a riflettere e tentiamo di restare lucidi, credo possiamo darci dei punti fermi.

Primo fra tutti: senza essere teologici ed esperti biblici, credo che le Scritture siano sempre state chiare sul fatto che saremmo arrivati a questo punto. Non è nulla di incredibile, a ben pensarci.

Confusione e falsi profeti sono infatti annoverati tra i segni evidenti della fine dei tempi (che non ci è dato ovviamente sapere quanto duri in termini di anni).

Cosa fare dunque? Istintivamente mi viene da dire: rimanere fedeli. A cosa? A Nostro Signore Gesù Cristo. Al Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Alla Chiesa di sempre, quella che aveva parole chiare e comprensibili a tutti.

Insomma, parliamone!

Michael Maron

Aldo Maria Valli:
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