Crisi delle vocazioni / Domande sotto il sole d’agosto

di Rita Bettaglio

L’articolo [qui] sulla carenza di sacerdoti e l’implacabile destino che attende diocesi e fedeli in un futuro che, ormai, è quasi presente, ha suscitato molte reazioni e interventi.

A Duc in altum hanno scritto sacerdoti e fedeli laici da molte parti della nostra amata Penisola, e oltre.

Una cifra accomuna la quasi totalità degli interventi, specie quelli di sacerdoti. Un ritornello ritorna e risuona dall’Alpi alle piramidi, dal Manzanarre al Reno (direbbe l’autore di quel romanzetto dove si tratta di promessi sposi): dare le parrocchie ai laici.

Tutti lo sanno, tutti ormai lo dicono esplicitamente. Il concetto, come si suol dire, è stato sdoganato a poco a poco, ma ora il velo è caduto (e le vergogne sono all’aria, chioserebbe qualcuno)

Ma perché? Perché mai non cercare di risolvere il problema nell’unico modo naturale (e soprannaturale), cioè chiedendo operai al Padrone della messe? E una volta chiesti e ottenuti (perché Dio non si fa battere in generosità), accoglierli nei seminari e farne dei sacerdoti al servizio di Dio e dei fedeli?

Mumble mumble”, borbottava zio Paperone accigliato. “Mumble mumble”, biascichiamo anche noi, sotto il sole agostano.

Non sarà mica che il reale scopo dei nemici della Chiesa, i quali, purtroppo, la popolano abbondantemente, sia abolire de facto (visto che de iure sarebbe impossibile) la Santa Messa e i Sacramenti rendendo difficilissimo averli?

Per togliere di mezzo i Sacramenti bisogna eliminare i preti perché non esistono gli uni senza gli altri. E questo è avvenuto: il numero dei sacerdoti e dei religiosi è calato progressivamente. Prima un esodo massiccio post-conciliare e poi un’emorragia lenta ma costante. I seminari sempre più vuoti, oggi praticamente deserti. I noviziati e gli studentati spettrali.

Creando la causa, s’induce l’effetto voluto. Se non sopporto la Messa cattolica e i sacramenti, che posso fare? Abolirli non posso, perché sono d’istituzione divina e il popolo non l’accetterebbe per via di quel sensus fidei che ha anche chi in chiesa non ci va. Che disdetta! E poi l’Italia è davvero un osso duro, con quell’amore per la famiglia, il proprio paese, le tradizioni popolari, la buona tavola e, non ultimo, la casa di proprietà!

Cosa, dunque? “Non è che non voglia fare il dolce”, dice la mamma, “ma ho finito lo zucchero”. In realtà la mamma pensa che il dolce faccia male al bambino, ma non glielo può dire perché sennò il pupo strillerebbe. La mamma agisce per il bene, i nemici di Dio per il male.

Mutatis mutandis: “Vorrei darti un parroco e la Messa tutti i giorni, ma non ho preti”, dice il vescovo. Magari non è tanto convinto manco lui, e anche lui ricorda la faccenda della messe e degli operai, ma che può fare?

Il Reno si è gettato nel Tevere e ha portato con sé la pachamama, capolinea di una serie di errori dottrinali troppo a lungo tollerati.

È solo un pensiero agostano, complice la calura estiva? Ai posteri (ma neanche tanto posteri)…

 

 

 

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