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Dopo “Fiducia supplicans” / La nostra sofferenza e quei preti e vescovi che preferiscono non vedere

di Marco Cattarini

Caro Valli,

venerdì scorso, 5 gennaio, ho avuto un incontro fortuito e non molto gratificante con un prete, che poi è risultato essere un vescovo. Uscendo dalla clinica Delgado di Miraflores a Lima, in Perú, dopo essermi sottoposto ad alcuni esami clinici, ho visto, qualche metro davanti a me, un prete che camminava nello stesso senso. Quando l’ho raggiunto, cercando di stabilire un dialogo sulla famosa faccenda delle benedizioni delle coppie irregolari (concubini, divorziati risposati civilmente, omossessuali), gli ho chiesto: “Padre, come la mettiamo con la Fiducia supplicans?”, Si è girato verso di me e subito ho notato la grande croce vescovile sul petto. Più tardi, in base alla fisonomia, ho appurato che si trattava (ne sono certo al 99,99 per cento) del vescovo ausiliare di Lima, monsignor Guillermo Elías.

Aveva fretta, perché aspettava il taxi, e mi ha risposto più o meno: “Sono un po’ sorpreso, ma il Santo Padre ci chiede di mettere davanti a tutto la misericordia”. Ho replicato: “Sì, ma non c’è misericordia senza verità. Questo documento, con la firma del Papa, sta generando molto dolore e confusione tra i fedeli. Due anni fa, egli stesso firmò un documento, sullo stesso argomento, che andava in un senso assolutamente contrario. L’ambiguità del Papa ci sta sconvolgendo”. E lui: “Il Papa farà chiarezza”. Allora io, di rimando: “Speriamo, perché lo sviluppo della dottrina è sempre avvenuto nella continuità, mai nella contraddizione”. E allora il vescovo, andando verso il taxi che lo aspettava, ha detto: “Stai attento, ti credi il padrone della verità”. Un argomento ad hominem che non risponde alle mie perplessità. Poi la conversazione si è chiusa con una mia ultima osservazione: “Non si può negare l’evidenza”.

Due settimane prima mi era successo qualcosa del genere con uno dei preti della mia parrocchia. Un bravo prete, devo dirlo, di sana dottrina, che ama il Signore, ma che ha una visione errata, secondo me, della fedeltà alla Chiesa e al Papa.

Dopo la confessione, il prete mi disse che a fronte delle nostre perplessità dobbiamo stare in silenzio, perché le critiche provocano divisione tra i fedeli e trasmettono l’idea che ci siano due chiese.

Quando gli risposi che non ero d’accordo, perché per me è importante chiarire gli errori, con rispetto, ma con fermezza, e che chi provoca le divisioni è colui che pretende di cambiare i comandamenti e gli insegnamenti del Signore, mi liquidò dicendomi: “Ecco i perfetti che vengono a giudicare, ecco quelli che sanno tutto! Non devi mormorare né criticare il Papa, devi metterti davanti a lui e pregare!”.

Replicai: “Padre, come può dire queste cose? Cosa c’entra? Non possiamo chiudere gli occhi davanti alle evidenze. Se credessi di essere perfetto non verrei a confessarmi, in media, due volte al mese. Come può sapere se mi metto o no davanti al Signore a pregare? Non condivido il suo modo di interpretare l’obbedienza alla Chiesa. Per me è un grave errore stare in silenzio davanti a questa sciagura e non denunciare”.

Come si vede, anche in questo caso la risposta che ebbi fu una valanga di argomenti ad hominem, ma nulla che affronti le questioni di fondo.

È penoso vedere questi atteggiamenti in certi vescovi e sacerdoti. Fino a quando pensano di poter restare inerti, pur vedendo come la Chiesa è colpita dal di dentro e come tanta gente vive confusa e incoraggiata a continuare a vivere nel peccato senza cercare di convertirsi? È una vera tragedia.

Se non parlano loro, parleranno le pietre.

Viva Cristo Re! Viva la santa Chiesa cattolica!

Un caro saluto dal Perù.

Aldo Maria Valli:
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