Allora, ho sognato di nuovo il papa [per i precedenti sogni sul papa vedere qui e qui]. Era Francesco ma, stranamente, era anche il portiere dell’Inter.
Naturalmente, essendo il sottoscritto vaticanista e tifoso dell’Inter, il giornale mi incaricava di andare a intervistarlo, e io lo facevo con doppia soddisfazione.
C’era nebbia e sembrava di essere avvolti nella bambagia. Il papa si allenava su un campo bellissimo, verde e liscio come un tavolo da biliardo. Era vestito da portiere, non da papa, e mi aspettava appoggiato a un palo della porta, mentre fumava un toscanello.
Dissi: – Ma… il papa… un giocatore… fuma?…
– Sì, ma non dirlo in giro. Se mi beccano… Anzi, tienilo tu.
E mi passò il toscanello, dal quale saliva un filo di fumo profumato di vaniglia.
– E io che ne faccio? Non posso gettarlo su questo bellissimo campo immacolato…
– Oh, trova una soluzione. Mettilo in tasca.
Il portiere dell’Inter, che era anche il papa (o, se preferite, il papa, che era anche il portiere dell’Inter) si guardò attorno, sospettoso, e quando fu sicuro che il toscanello fosse sparito disse in modo un po’ sbrigativo: – Vogliamo incominciare?
– Certo, santità. Dunque… come fa a essere papa e anche portiere dell’Inter?
– Oh, se è per questo… mi aiuta lui…
E dalla nebbia si materializzò Yann Sommer, il nostro portiere! Dico “nostro” perché noi tifosi siamo così: i giocatori sono tutti nostri, come figli, fratelli, insomma parenti stretti.
Sommer, con quella sua faccia simpatica, si scusò di non potermi stringere la mano, perché aveva i guantoni, e mi sorrise.
Chiesi: – E Sommer come fa ad aiutarla, santità?
– È svizzero!
– Ah, capisco. Svizzero… come le guardie… al suo servizio… Resta il fatto, santità, che il doppio impegno – papa e portiere dell’Inter – dev’essere piuttosto, ehm, gravoso…
– Non se ti aiuta lui!
E così dicendo, il papa diede una forte pacca sulle spalle del sorridente Sommer, che sobbalzò.
– E mi dica, santità… quali sono le analogie tra il portiere e il papa?
– Eh?
– Dico… le analogie… tra i due ruoli…
– …
Vedendo che il papa era incerto, parlò il buon Sommer: – Se mi è consentito… ecco… vorrei dire che, in fondo, si tratta sempre di parare.
– Cioè?
Di nuovo Sommer: – In un caso i tiri verso la porta, nell’altro eresie, errori…
– Ah sì, certo, capisco. E mi dica, santità, quali sono le… parate, se si può dire così, più difficili?
Il papa, un po’ sorpreso, guardò Sommer, il quale intervenne prontamente: – Quelle sui tiri che meno ti aspetti. Per non parlare del rischio di autogol.
Commentai: – Ah, certo. E senta, santità, che cosa prova quando la chiamano l’estremo difensore? Una grande responsabilità, immagino…
Il papa, di nuovo, sembrò sorpreso. Si tirò su i calzettoni. E fu ancora Sommer a parlare: – La definizione di estremo difensore mi… ci piace molto. Defensor fidei, defensor ianuae! Della fede o della porta, ma sempre defensor! Eh! Eh!
Che bravo il nostro Sommer. Avevo voglia di applaudire. Poi dissi: – Santità, qual è stata la partita più difficile?
– …
– Santità, ha sentito?
Il papa afferrò una bottiglietta d’acqua che stava accanto alla porta, ne bevve un sorso. Sembrava confuso. Disse: – Beh… ecco… forse…
Allora Sommer fece un gran sorriso e disse: – Tutta la stagione è difficile per un portiere. Sempre all’erta, sempre vigile. Non puoi essere distratto o superficiale.
Ripresi: – Santità, qual è il suo rapporto con gli altri giocatori?
Il papa stava saltellando lungo la linea di porta, cercando di toccare la traversa, e sembrò non sentire.
Fu Sommer, tanto per cambiare, a rispondere: – Il “collegio della difesa”, per dire così, dev’essere un tutt’uno con il portiere, altrimenti sono guai, non so se mi spiego…
– Ma certo, chiarissimo. E mi dica, santità, qual è il suo pezzo forte?
Il papa mi guardò un po’ accigliato e poi sputò sui guantoni, come se dovesse prepararsi a un difficile intervento, ma non disse niente.
Parlò di nuovo il buon Sommer: – Lui è bravo… nei rinvii. Come afferra il pallone, lo lancia il più lontano possibile. Una tecnica non facile da apprendere.
– Capisco. E sui rigori?
Il papa fece qualche mossa di stretching per il collo, poi guardò Sommer, e ancora una volta fu il buon portiere svizzero a trarlo d’impiccio: – Il bravo portiere in caso di calcio di rigore deve essere concentrato. Sangue freddo, ecco la dote più importante. Sempre pensando che sei al servizio della squadra.
Annotai la bella risposta di Sommer sul taccuino, poi feci per congedarmi: – Bene. È stato un vero piacere, santità. Solo un’ultima domanda: qual è il suo rapporto col Mister?
Il papa si bloccò e mi parve nervoso. Per qualche secondo ci fu un certo disagio fra noi, e nuovamente fu il buon Sommer a risolvere la situazione: – Il Mister?… Che cosa posso dire?… Senza di lui non saremmo nulla. Ogni nostro sforzo è a sua maggior glo… voglio dire… è per il bene suo e della squadra. E noi siamo onorati di servirlo.
– Grazie! Grazie davvero!
Feci per baciare l’anello del papa, ma mi accorsi subito della mia gaffe. Il papa indossava i guantoni da portiere, l’anello non si vedeva. E lui con un gesto brusco ritrasse la mano.
Guardando Sommer (ormai mi rivolgevo direttamente a lui) trovai il coraggio di fare un’ultima domanda: – Posso chiedere una benedizione?
Il papa mi sembrò un tantino infastidito. Poi sventolò la mano tracciando frettolosamente qualche segno nell’aria e bofonchiò: – Buon pranzo!
Fu Sommer ad accompagnarmi all’uscita. L’ultima cosa che ricordo di aver visto fu la sua faccia larga e simpatica, con quel sorriso da bravo ragazzo. E ancora sento le sue parole: – Acriter et fideliter!
Eh già. Con coraggio e fedeltà! Il motto delle guardie svizzere.
E tutto soddisfatto, prima di svegliarmi pensai: – Che fortuna essere interista!