Quel pasticciaccio brutto delle monache di Vittorio Veneto

Ricevo da Romano Curiale questo articolo che sottopongo all’attenzione dei lettori.  Chi avesse qualcosa da osservare può scrivere a Duc in altum per proporre la propria versione: blogducinaltum301@gmail.com

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di Romano Curiale

Caro Valli,

torno a scriverle dopo un lungo silenzio. Mi ero ripromesso, alla mia età, di parlare solo con Dio, ma non posso tacere su questa vicenda che coinvolge, ancora una volta, delle religiose. Ho sempre avuto somma stima e reverenza verso quelle donne, semplici e coraggiose, che abbracciano la vita claustrale, nella quasi totale incomprensione, anche e soprattutto degli attuali uomini di Chiesa.

Ebbene, stavolta a essere colpite sono le monache cistercensi del monastero dei Santi Gervasio e Protasio di San Giacomo di Veglia, Vittorio Veneto.

Trevigiano: terra di lavoratori e di buon vino. Le monache cistercensi hanno anche, tra le loro attività, un grande vigneto che produce un apprezzato prosecco, oltre a un orto terapeutico per persone con disabilità e un laboratorio per la produzione di creme.

Lo scorso Venerdì Santo, 18 aprile, le monache vengono informate del commissariamento del monastero da parte del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, un tempo guidato dal cardinale Braz de Aviz e da monsignor Carballo e ora affidato, dal 6 gennaio al 21 aprile 2025, a suor Simona Brambilla delle Missionarie della Consolata, nominata prefetto del Dicastero. Poiché, però, per questo ruolo è necessario, secondo il diritto canonico, l’ordine sacro, alla suora è stato affiancato un pro-prefetto nella persona del cardinal Ángel Fernández Artime. Gli atti del Dicastero, per aver validità, devono avere la firma del pro-prefetto in quanto quella del prefetto in carica non ha alcun valore, non avendo la suora (né potendo avere) l’ordine sacro.

Il 21 aprile 2025 è dunque una data fatidica in questa vicenda e nella Chiesa: alle 7.35 muore papa Francesco, di conseguenza suor Brambilla cessa l’esercizio dell’ufficio di prefetto del Dicastero, data la sopraggiunta sede vacante. Ma nello stesso giorno la commissaria (con l’abate Lepori e la psicologa Forlani) arrivano al monastero di San Giacomo di Veglia. Un povero curiale come me trasalisce e si domanda come sia possibile tutto questo in un solo giorno.

Facciamo qualche passo indietro, per cercare di meglio comprendere.

Questa triste storia incomincia nel gennaio 2023 con una lettera anonima al papa da parte di alcune monache che accusano la badessa, madre Aline Pereira, brasiliana, di abusi.

A ciò fa seguito una prima visita dell’ordinario del monastero, dom Stefano Zanolini, abate di Chiaravalle Milanese e abate preside della Congregazione di San Bernardo, cui appartiene anche il monastero di San Giacomo. Egli tuttavia non trova nulla da rimproverare alla madre e alla comunità.

Il Dicastero invia poi come visitatrice apostolica madre Ester Stucchi, presidente delle Benedettine dell’Adorazione Perpetua, ma anche lei, dopo una visita accurata, conclude che tutto è in ordine.

Non bastando ancora, viene chiesta da Lepori una visita economica eseguita dall’economo della diocesi, ed egli alla fine si congratula con la madre dicendo che non ha mai riscontrato una simile esattezza e trasparenza. Di questa visita madre Aline chiede ed ottiene un resoconto scritto, che è in suo possesso.

I visitatori non trovano nulla a carico della badessa e le monache autrici della lettera di denuncia chiedono e ottengono il trasferimento ad altro monastero.

Un fuoco di paglia? Sembrerebbe. Tuttavia i resoconti dei visitatori non riescono a spegnerlo. Da dove arriva questo fuoco, questo desiderio di colpire e affliggere le monache di San Giacomo, l’ordine cistercense, la diocesi di Vittorio Veneto e la vita monastica femminile, scientificamente bersagliata da diversi anni?

A questo punto l’abate Lepori assume la dottoressa Donatella Forlani, docente di psicologia presso l’Antonianum. La quale sostiene che madre Aline è una manipolatrice.

Conclusione: Lepori stesso si fa nominare visitatore apostolico ed esegue una visita accompagnato da un sacerdote e da una badessa cistercense spagnola. In seguito la dottoressa Forlani imputa a madre Aline “atteggiamenti manipolatori” e “incapacità decisionale”.

Fonti interne alla comunità raccontano un’altra storia: la psicologa avrebbe avuto pregiudizi verso madre Aline.

Padre Farì, co-visitatore, riceve dalla comunità un’impressione positiva; ma la sua opinione scompare, liquidata, com’era avvenuto per la relazione della madre Ester.

Arriviamo alla Settimana Santa 2025. La diocesi di Vittorio Veneto è retta da un amministratore diocesano, in attesa che monsignor Battocchio, nominato alla cattedra di Vittorio Veneto dal papa il 25 febbraio, venga ordinato vescovo, cosa che avverrà il 25 maggio prossimo. Il papa è in condizioni di salute critiche che lo porteranno alla morte il lunedì dell’Angelo, 21 aprile. La Chiesa locale, come quella universale, è letteralmente sospesa, in un effettivo vuoto di potere, ma la macchina da guerra contro le monache di Vittorio Veneto non s’arresta, anzi accelera.

Il Venerdì Santo l’abate Lepori notifica alla comunità di San Giacomo il decreto di commissariamento da parte del dicastero, datato 7 aprile.

Madre Martha Driscoll, 81 anni, trappista (cioè cistercense della stretta osservanza, altro ordine rispetto ai cistercensi della comune osservanza), abbadessa emerita di Gedono (Indonesia) e superiora del monastero alle Acque Salvie (Tre Fontane) in Roma, assume “tutte le competenze che la normativa particolare dell’Istituto e quella universale della Chiesa attribuiscono alla madre abbadessa”.

Sono nominate sue assistenti: madre Luciana Pellegatta, abbadessa di Cortona, e la suddetta Donatella Forlani. Con altra lettera padre Faì è congedato.

Madre Aline viene deposta e allontanata. La comunità, attonita, assiste all’epilogo tragico della surreale vicenda che va avanti da oltre due anni. Il clima è irrespirabile: il cambio di guardia è autoritario. Oltretutto quello della commissaria è l’ottavo intervento sulla comunità da quando la vicenda è iniziata, due anni e mezzo fa.

Nel frattempo madre Aline, dopo avere avvisato il dicastero che se la persecuzione non fosse terminata avrebbe sporto denuncia, ha denunciato la Forlani (con tutte le relative corresponsabilità di Lepori) per avere tentato di forzare la comunità alle accuse di manipolazione e plagio. Ha allegato la perizia di un’altra psicologa che ha esaminato molte delle sorelle trovandole sanissime.

Lepori, la commissaria e la psicologa annunciano il loro arrivo per il lunedì di Pasqua.

Madre Aline risponde dicendo che la comunità ha unanimemente scelto di non sottostare a nuove visite, di fare ricorso contro i decreti e se necessario chiedere la dispensa dai voti. Chiede perciò di non fare il viaggio: oltretutto da due anni e mezzo tutte le visite sono a spese del monastero.

I visitatori arrivano ugualmente, consegnano  i decreti, vengono ricevuti con cortesia ma la comunità ripete la propria intenzione di presentare ricorso.

Niente da fare. Si procede con una rapidità stupefacente, considerato anche che il pontefice muore alle 7.35 dello stesso 21 aprile.

Il comportamento che le sorelle non tollerano è l’affermazione da parte della commissaria della propria autorità in nome del papa, i continui richiami a obbedire, le esortazioni “siamo qui per soffrire” quando le sorelle denunciano la propria sofferenza per questi due anni e mezzo di visite e pressioni psicologiche.

Da qui in poi sono fatti di cronaca di cui tutta la stampa nazionale si è occupata (pur con notevoli imprecisioni): alcune religiose sono disposte a chiedere la dispensa dai voti, pur di non sottostare a ciò che considerano un abuso. Chiedono per questo il permesso di allontanarsi subito, per sottrarsi alle pressioni che stanno subendo. La commissaria dice no, permesso negato. Sembra che vengano anche minacciate che se escono, saranno chiamati i carabinieri. Allora, extrema ratio, vanno ad avvertire i carabinieri della loro libera partenza, cui hanno diritto.

Com’è potuto accadere un simile pasticciaccio brutto?

L’abate Lepori, abate generale dei cistercensi, attualmente è stato nominato assistente spirituale dei Memores – o forse di tutta CL – e anche lì il prestigio è enorme. CL è molto ferita dalle difficoltà recenti e non ha davvero bisogno di un altro scandalo.

Sappiamo, però, che più si sale in alto più si rischia di essere tentati dal nemico e di cadere.

Un monaco benedettino dovrebbe sapere che l’umiltà è soccorso infallibile per tutti, anche per l’abate, che primo fra tutti vive davanti allo sguardo di Dio.

Se per caso si è sbagliato, umiltà vorrebbe che lo riconoscesse e facesse un passo indietro.

Nulla nella vicenda delle monache di Vittorio Veneto pare irreparabile, tranne la distruzione di una comunità che fino a oggi ha vissuto nella pace.

Così pure per quanto riguarda la commissaria: non sarebbe il caso, alla sua età, di ritirarsi da una situazione che forse, pur con tutta la buona volontà, la supera?

Ci chiediamo: possibile che nel mondo monastico non ci sia nessuno capace di dare questi saggi consigli?

Perciò molto umilmente, e con stima e rispetto, ci permettiamo di farlo noi.

O forse, cancellati i pareri di visitatori monastici che si sono succeduti per questo caso, d’ora innanzi saranno solo le psicologhe a dover legiferare nei monasteri?

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