
Dal diritto allo psicodiritto
di Vincenzo Rizza
Caro Aldo Maria,
condivido le lucide considerazioni del professor Trabucco sulla sentenza n. 68/2025 della Corte costituzionale che ha deciso che “il nato in Italia da donna che ha fatto ricorso all’estero in osservanza delle norme ivi vigenti, a tecniche di procreazione medicalmente assistita ha lo stato di figlio riconosciuto anche della donna che, del pari, ha espresso il preventivo consenso al ricorso alle tecniche medesime e alla correlata assunzione di responsabilità genitoriale”.
Il diritto, infatti, abbandonato ogni riferimento alle leggi di natura, si è trasformato in un complesso creativo che di fatto giustifica ogni volontà umana. Il costituzionalismo, ancora, lungi dal rappresentare un freno a questa deriva costituisce una mera foglia di fico, uno strumento che consente di legittimare ogni scelta non solo del legislatore ma anche della Corte Costituzionale che sempre più spesso si sostituisce al primo facendosi interprete dello zeitgeist.
Così, polverizzato il concetto tradizionale di famiglia, tutto è o può diventare lecito e con la scusa del miglior interesse del minore, si legittima anche la pretesa di genitorialità di chi viene definito, nella neolingua forense, “genitore intenzionale”, cioè di colui o colei che “insieme alla madre biologica (per tale dovendosi intendere la donna che ha partorito), abbia prestato il consenso alla pratica fecondativa”: dal diritto si passa allo pseudodiritto o, meglio, allo psicodiritto.
L’intenzione diventa, quindi, di per sé sufficiente a legittimare qualsiasi aspirazione alla genitorialità, frutto spesso non di amore ma di mero egoismo di chi rinuncia in partenza al diritto del bambino ad avere un padre e una madre per coltivare il sogno di un figlio ad ogni costo. Con il pretesto, allora, dell’interesse del minore “nel vedersi riconoscere lo stato di figlio di entrambe le figure – la madre biologica e la madre intenzionale – che abbiano assunto e condiviso l’impegno genitoriale attraverso il ricorso a tecniche di procreazione assistita” si garantiscono al “genitore intenzionale” non solo gli obblighi di mantenimento derivanti dalla sua scelta (il che potrebbe avere una sua giustificazione) ma anche il diritto ad essere riconosciuto genitore a tutti gli effetti.
Di questo passo attendiamoci in futuro la possibilità che “genitore intenzionale” possa essere chiunque (anche più persone, perché no?) abbia dato un suo contributo anche solo economico o morale alla pratica fecondativa o l’adozione di un nuovo codice dello psicodiritto che attribuisca la qualifica di genitore a chiunque, con sufficiente convinzione emotiva, si sia svegliato almeno una mattina pensando “voglio un bambino” o abbia montato almeno un mobile ikea nella stanza del nascituro.