Tanti auguri di buon compleanno a Joseph Ratzinger, che oggi compie novantaquattro anni. Auguri papa Benedetto! Per festeggiare, ripropongo il discorso che il pontefice rivolse ai suoi connazionali pochi giorni dopo l’elezione, il 25 aprile 2005. Non è uno dei discorsi storici di Benedetto XVI, ma trovo che sia rivelatore della sua personalità e dello spirito con cui si fece carico del pontificato.
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Cari concittadini tedeschi, innanzitutto devo scusarmi per il ritardo. I tedeschi sono famosi per la loro puntualità. A quanto pare, sono già molto italianizzato. Abbiamo però avuto un incontro ecumenico con i rappresentanti dell’ecumenismo di tutto il mondo, di tutte le Chiese e comunità ecclesiali, con i rappresentanti delle altre religioni. È stato un incontro molto cordiale, e così è durato più a lungo. Ma ora finalmente: un cordiale benvenuto!
Ringrazio di cuore per gli auguri, le parole e i segni di affetto e di amicizia, che ho ricevuto in modo impressionante da ogni parte della Germania. All’inizio del mio cammino in un ministero al quale non avevo mai pensato e per il quale non mi sentivo adeguato, tutto questo mi dona grande forza e aiuto. Che Dio ve ne renda merito! Quando, lentamente, l’andamento delle votazioni mi ha fatto capire che, per così dire, la scure sarebbe caduta su di me, la mia testa ha incominciato a girare.
Ero convinto di aver svolto l’opera di tutta una vita e di poter sperare di finire i miei giorni in tranquillità. Con profonda convinzione ho detto al Signore: non farmi questo! Disponi di persone più giovani e migliori, che possono affrontare questo grande compito con tutt’altro slancio e tutt’altra forza. Allora sono rimasto molto toccato da una breve lettera scrittami da un confratello del collegio cardinalizio. Mi ha ricordato che in occasione della Messa per Giovanni Paolo II avevo incentrato l’omelia, partendo dal Vangelo, sulla parola che il Signore disse a Pietro presso il lago di Genesaret: seguimi! Avevo spiegato come Karol Wojtyla aveva sempre ricevuto di nuovo questa chiamata dal Signore, e come sempre di nuovo aveva dovuto rinunciare a molto e dire semplicemente: sì, ti seguo, anche se mi conduci dove non avrei voluto. Il confratello mi ha scritto: Se il Signore ora dovesse dire a te “seguimi”, allora ricorda ciò che hai predicato. Non rifiutarti! Sii obbediente come hai descritto il grande Papa, tornato alla casa del Padre. Questo mi ha colpito nel profondo. Le vie del Signore non sono comode, ma noi non siamo creati per la comodità, bensì per le cose grandi, per il bene.
Così alla fine non ho potuto fare altro che dire sì. Confido nel Signore, e confido in voi, cari amici. Un cristiano non è mai solo, ho detto ieri nell’omelia. Ho espresso così la meravigliosa esperienza che tutti noi abbiamo vissuto nelle straordinarie quattro settimane appena trascorse. Alla morte del Papa, in mezzo a tutto il dolore, è emersa la Chiesa viva. È stato evidente che la Chiesa è una forza di unità, un segno per l’umanità. Quando le grandi emittenti radiotelevisive raccontavano ventiquattro ore su ventiquattro del ritorno alla casa del Padre del Papa, del dolore delle persone, dell’opera del grande defunto, rispondevano a una partecipazione che ha superato ogni attesa. Nel Papa è apparso loro un padre che donava sicurezza e fiducia. Che in qualche modo univa tutti tra loro. Si è visto che la Chiesa non è chiusa in se stessa e non esiste solo per se stessa, ma che è un punto luminoso per gli uomini. Si è visto che la Chiesa non è affatto vecchia e immobile. No, è giovane. E se guardiamo a questi giovani, che si sono raccolti intorno al Papa defunto e, da ultimo, intorno a Cristo, la cui causa il Papa ha fatto propria, allora si è vista una cosa non meno consolante: non è affatto vero che i giovani pensano soprattutto al consumo e al piacere. Non è vero che sono materialisti ed egoisti. È vero il contrario: i giovani vogliono cose grandi. Vogliono che l’ingiustizia venga arrestata. Vogliono che si superino le disuguaglianze e che tutti abbiano la loro parte dei beni della terra. Vogliono che gli oppressi ottengano la libertà. Vogliono cose grandi. Vogliono cose buone. E per questo i giovani sono – voi siete – di nuovo pienamente aperti a Cristo. Cristo non ci ha promesso una vita comoda. Chi vuole la comodità, con Lui ha sbagliato indirizzo. Egli ci mostra però la via verso le cose grandi, il bene, verso la vita umana autentica. Quando parla della croce che dobbiamo prendere su di noi, non si tratta di gusto del tormento o di pedante moralismo. È l’impulso dell’amore, che prende avvio da se stesso, che non si guarda attorno cercando se stesso, ma che apre la persona al servizio della verità, alla giustizia, al bene. Cristo ci mostra Dio, e con ciò la vera grandezza dell’uomo.
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Camminiamo insieme, siamo uniti. Confido nel vostro aiuto. Chiedo la vostra indulgenza se commetto errori come ogni uomo, o se qualcosa di quello che il Papa deve dire e fare secondo la propria coscienza e secondo la coscienza della Chiesa resta incomprensibile. Chiedo la vostra fiducia. Se rimaniamo uniti, allora troviamo il giusto cammino. E preghiamo Maria, Madre del Signore, affinché ci faccia sentire il suo amore di donna e di madre, nel quale possiamo comprendere tutta la profondità del mistero di Cristo. Il Signore vi benedica tutti!
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In occasione del compleanno di Benedetto XVI, vi ricordo due miei libri.
Uno sguardo nella notte. Ripensando Benedetto XVI
Lui sapeva che i lupi sarebbero arrivati e lo avrebbero azzannato. Infatti è andata proprio così. Prendendo a pretesto lo scandalo pedofilia, contro Benedetto XVI è stata scatenata un’autentica persecuzione.
Ripercorrere quei momenti vuol dire rendere giustizia a Joseph Ratzinger, ma soprattutto capire qual è stata, e qual è tuttora, la posta in gioco. Da un lato le ragioni del bene e della verità, dall’altra la menzogna.
Per questo l’insegnamento di papa Ratzinger continua a essere, oggi più che mai, uno sguardo nella notte.
Aldo Maria Valli, Uno sguardo nella notte. Ripensando Benedetto XVI, Chorabooks, 2018
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Benedetto XVI. Il pontificato interrotto
Con la clamorosa decisione di dimettersi, Benedetto XVI ha colto di sorpresa la Chiesa cattolica e il mondo. Eppure, a ben vedere, Joseph Ratzinger è stato fin dall’inizio il papa delle sorprese. Lo è stato già il primo giorno, quando, presentandosi come un “umile lavoratore nella vigna del Signore”, ha dato di sé un’immagine ben diversa da quella, che gli era stata ritagliata addosso, di truce e inflessibile guardiano della retta dottrina. È stato, quello di Benedetto XVI, un pontificato pieno di spine, di momenti difficili, di incomprensioni. Tipico il caso della lectio magistralis di Ratisbona. Da molti considerata un passo falso di papa Benedetto a causa della dotta citazione, apparentemente anti-islamica, tratta dalle parole di un antico imperatore bizantino, fu invece il tentativo di enunciare una tesi centrale nel suo insegnamento, e cioè che tra la fede religiosa e la razionalità non c’è opposizione e che la fede, quando è autentica e quindi rivolta veramente a Dio, è in realtà espressione della razionalità umana. Non è la fede religiosa in quanto tale a essere nemica della razionalità, ma la fede fanatica, la fede incoerente, la fede messa al servizio della violenza. Ripercorrere il pontificato di Benedetto XVI fa bene alla mente e all’anima. E permette di capire meglio i nodi culturali e spirituali del nostro tempo.
Aldo Maria Valli, Il pontificato interrotto, Mondadori, 2013