“Identità di genere”. Il prezzo che paghiamo per fingere di non sapere ciò che sanno tutti

di Laura Dodsworth

Da tempo nutro diffidenza verso le persone che aggiungono pronomi alle loro biografie per renderle politicamente corrette a proposito di identità di genere. Questo sospetto nasce dal fatto che le possibilità sono due. O credono sinceramente nell’ideologia di genere, il che non depone a favore delle loro capacità di ragionamento, oppure non ci credono affatto e fingono, il che non depone a favore del loro coraggio.

La recente sentenza della Corte Suprema britannica ha confermato ciò che chiunque sapesse già: sesso significa sesso. La Corte ha stabilito che l’Equality Act del 2010 si riferisce al sesso biologico, non all’identità di genere. In altre parole, un uomo non può essere una donna. È sconcertante che ci sia voluto il massimo tribunale del Paese per chiarire una verità biologica e linguistica così fondamentale.

Dovremmo essere più aperti e gentili? No. Le donne non possono essere uomini e gli uomini non possono essere donne. Per funzionare, il linguaggio deve essere preciso. Se una parola può significare qualsiasi cosa, non significa nulla. Se “donna” può corrispondere a entrambi i sessi, allora “donna” cessa di essere un termine utile o coerente.

Il sesso è una realtà biologica. Il transgenderismo è un’ideologia, un sistema di credenze che tenta di ridefinire o trascendere il sesso biologico. Ma non possiamo sacrificare la chiarezza linguistica in nome dell’ideologia. La necessità di identificare i sessi per ciò che sono non riguarda solo l’accuratezza scientifica; è vitale per la veridicità, per la tutela dei diritti basati sul sesso e per il mantenimento di distinzioni significative nella società.

Ciò che dice Humpty Dumpty in Alice attraverso lo specchio di Lewis Carrol, “quando io uso una parola, essa significa esattamente ciò che io voglio che significhi”, era una sciocchezza allora ed è una sciocchezza anche oggi, sebbene gli attuali contorsionisti linguistici di oggi facciano sembrare Humpty un grammatico conservatore.

La posta in gioco è più alta quando a indulgere in questo atteggiamento ideologico sono leader politici, dirigenti di enti di beneficenza, dirigenti sportivi o educatori. Il fallimento della leadership in questi ambiti è profondamente dannoso.

Una recente discussione ha catalogato alcune delle cose più assurde che i politici laburisti hanno detto su questo argomento. Keir Starmer ha dichiarato: “L’espressione ‘solo le donne hanno la cervice’ è qualcosa che non dovrebbe essere pronunciata. Non è corretta”. Lisa Nandy, alla domanda se gli stupratori maschi che si identificano come donne debbano essere rinchiusi nelle carceri femminili, ha risposto: “Penso che le donne trans siano donne e debbano essere rinchiuse nel carcere che scelgono loro”. Dawn Butler ha affermato senza ironia: “Un bambino nasce senza sesso”.

Naturalmente, non si tratta solo del partito laburista. Anche i politici conservatori e altri di tutto lo spettro politico hanno mancato di adempiere alle loro funzioni. Ci sono onorevoli eccezioni, ma, francamente, non si dovrebbe ricevere una medaglia per essere in grado di distinguere tra ragazze e ragazzi.

Non è semplicemente una questione di valutazione politica. È un caso da manuale di psicologia di gruppo: molti temono i costi sociali della verità più di quanto temano di sbagliare.

Forse la follia di genere costituisce addirittura una “epidemia psichica”, come la descrive Carl Jung. Convinzioni irrazionali, deliri o comportamenti irrazionali possono diffondersi nella popolazione come un contagio, influenzando i pensieri e le azioni degli individui senza che ne siano consapevoli.

Naturalmente, le epidemie possono essere molto dannose, e l’attuale epidemia di conformismo è più di una semplice moda passeggera: ha avuto conseguenze devastanti. Ha danneggiato irreversibilmente il corpo e la mente di bambini e ragazzi. Ha causato disagio alle donne nello sport, nei luoghi di lavoro, negli spogliatoi e nelle carceri. Ha minato il principio di spazi e tutele riservati a un solo sesso. E ha eroso la fiducia del pubblico nelle istituzioni che ora sembrano incapaci o riluttanti a dire la verità.

Grandi pensatori, da Tacito a Hannah Arendt, si sono a lungo interrogati sul pensiero di gruppo e su come superarlo. Il mio coautore e io abbiamo fatto del nostro meglio per affrontarlo nel libro Free Your Mind (Libera la tua mente). Una volta compresa la sostanza psicologica di cui siamo fatti, si capisce che si tratta di un problema perenne. Sopravviviamo a un’epidemia psichica solo per cadere direttamente nelle fauci di un’altra. Non ci sono dubbi: il libero pensiero, e non solo la libertà di parola, rimane la questione chiave per chiunque dia valore alla libertà e alla verità.

L’attuale generazione di politici laburisti ha dimostrato senza ombra di dubbio che i grandi leader non nascono dal centro del branco. I pesciolini al centro e le morbide creature lanose rannicchiate al sicuro nel mezzo del branco non ci porteranno mai da nessuna parte se non a una confusione ancora maggiore. Loro gridare più forte, ma non sono i più saggi.

La vera leadership nasce dagli emarginati. A volte questa leadership è buona, a volte cattiva, ma è sempre distintiva e dotata di una visione. In questo momento non siamo guidati da un buon pastore o da un lupo, ma da un gregge belante di pecore con tanto di pronome distintivo.

La storia è piena di esempi del genere. Miti e leggende ci ammoniscono ripetutamente. Pensate alla fiaba I vestiti nuovi dell’imperatore, in cui solo un bambino osa dire la verità, o alle storie di Esopo sulle rane che desiderano un re e ottengono una cicogna. Pensate al lupo che finse di essere un pastore e uccise le pecore. Oppure considerate “la storia più grande mai raccontata”, quella di Gesù.

In questo periodo dell’anno abbiamo ricordato la Passione di Cristo. Una storia senza tempo: una folla che sbaglia e leader che abdicano alla responsabilità. Dall’altra parte, il potere solitario della verità. Ponzio Pilato, l’uomo con l’autorità di agire, si chiede: “Cos’è la verità?”. Eppure, anziché confrontarsi con la verità, se ne lava le mani, perché è troppo codardo o troppo indifferente per sostenerla. E la folla, spinta dalla paura e dalla manipolazione, esige la decisione sbagliata, allontanandosi dalla giustizia in favore di una vittoria momentanea.

Qualunque siano le vostre convinzioni, questa narrazione la dice lunga sulla verità, sulla leadership e sui pericoli posti dalla collettività. La massa può avere successo per un po’, ma la verità, sebbene messa a tacere, non può essere soppressa per sempre. Alla fine prevarrà, perché la verità, per quanto scomoda, è la forza che permane.

I miei ultimi libri

Sei un lettore di Duc in altum? Ti piace questo blog? Pensi che sia utile? Se vuoi sostenerlo, puoi fare una donazione utilizzando questo IBAN:

IT64Z0200820500000400192457
BIC/SWIFT: UNCRITM1D09
Beneficiario: Aldo Maria Valli
Causale: donazione volontaria per blog Duc in altum

Grazie!