
Leone, la “grande stampa” e altri pensieri
di Aldo Maria Valli
L’avevo detto: vedrete che la “grande stampa” incomincerà subito a manipolare papa Leone. E infatti.
Di tutti i suoi riferimenti alla centralità di Gesù Cristo, molto apprezzati dal sottoscritto, nemmeno l’ombra. La preoccupazione principale è buttarla in politica e chiedersi se Leone stia con Trump o contro Trump.
La cosa non mi stupisce, ma va sottolineata, perché dovremo fare i conti con questo refrain.
Poi ci sono gli attacchi di natura teologica, anche questi iniziati subito, come nel caso di Vito Mancuso che sulla Stampa critica il nuovo papa per quella frase sui “molti battezzati che finiscono col vivere un ateismo di fatto” perché vedono in Gesù Cristo solo “una specie di leader carismatico o di superuomo”.
“Negare la natura divina di Gesù non è ateismo” insorge Mancuso, senza considerare che papa Leone si riferiva ai battezzati, per i quali, dopo tutto, tale negazione equivale davvero a un “ateismo di fatto”.
Ripeto: dovremo fare il callo a questo tipo di trattamento. Ma per fortuna c’è la rete, con i tanti blog che non si piegano alle logiche del pensiero dominante sostenuto dai giornaloni e dalle tv.
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Alcuni amici mi hanno scritto dicendosi scandalizzati per il fatto che nel conclave i signori cardinali hanno scelto Prevost anche guardando ai problemi economici del Vaticano e della Santa Sede.
La questione l’ho segnalata fin dal giorno dell’elezione scrivendo che nella scelta dei cardinali sicuramente ha pesato anche una riflessione sullo stato delle casse vaticane, che non è, diciamo così, molto brillante. Da anni, in particolare, le donazioni provenienti dagli Stati Uniti, storicamente le più cospicue, sono in calo vertiginoso. Dunque i cardinali certamente avranno pensato, eleggendo Prevost, anche a questo aspetto, nella speranza che il flusso di dollari da oltreoceano possa riprendere. E allora? La cosa non mi scandalizza affatto. I cardinali nel loro servizio alla Chiesa devono pensare anche a questi problemi e sappiamo bene che, come diceva Marcinkus buonanima, la Chiesa in quanto istituzione non sta in piedi solo con le Ave Maria. Anzi, ritengo che una Santa Sede economicamente più forte sia una garanzia di libertà e possa svolgere meglio il suo compito nel campo dell’aiuto ai più poveri. La Chiesa “povera e per i poveri” di bergogliana memoria è un controsenso frutto della demagogia.
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Mi sembra che con Leone si sia tornati a un papa “normale”. Che significa? Ci stavo pensando in questi giorni. Un papa “normale” è un papa che non oscura la Chiesa con la propria immagine, ma la valorizza. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco sono stati, pur in presenza di caratteristiche molto diverse, personaggi che hanno posto decisamente al centro della scena il papa più che il papato, la persona più che la funzione. Con la sua discrezione e il suo low profile, Leone mi ricorda un poco papa Luciani. Penso che Pietro non debba occupare l’intera scena, com’è successo con i tre papi precedenti. Il nocchiere è importante, ma più importante ancora è la barca sulla quale siamo tutti.
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Chiudo con un pensiero per quegli amici che mi hanno accusato di nutrire troppo ottimismo verso Leone. Beh, io non parlerei di ottimismo, ma di speranza. La buona, vecchia speranza cristiana che negli anni bergogliani è stata relegata in un sottoscala, perché il “papa della misericordia” le aveva tarpato le ali. La buona, vecchia speranza cristiana che non vedeva l’ora di tornare all’aperto e adesso di nuovo può scorrere nelle vene di tanti cattolici. E mica ce la vorrete togliere, vero?
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Vai papa Leone! Confermaci nella fede!
Ecce crucem Domini; fugite, partes adversae; vicit Leo de tribu Juda, radix David, alleluia!
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