Conflitto Israele-Iran. Ultime notizie e qualche considerazione

di Luca Foglia

Come purtroppo anticipato nell’articolo precedente (qui) gli Stati Uniti sono intervenuti a fianco di Israele in modo diretto e hanno bombardato le centrali nucleari in Iran.

Alle 2:24 il presidente Trump ha annunciato con un post su Truth che gli Stati Uniti hanno attaccato i tre siti nucleari iraniani di Fordow, Natanz e Isfahan.

Sono stati impiegati sei bombardieri B-2 per colpire la centrale di Fordow e circa trenta missili da crociera Tomahawk (lanciati dai sottomarini) per bersagliare le altre due.

Dal momento dell’attacco a quello dell’annuncio pare sia passata un’ora durante la quale la notizia non è trapelata su alcun canale di informazione.

Verso le 3:00, la televisione iraniana ha dichiarato che le centrali erano state evacuate per tempo e l’uranio trasferito in un luogo segreto. Alcune immagini satellitari appena rilasciate parrebbero confermarlo.

Alle 4:00 il presidente Trump (alias il pacificatore) ha dichiarato alle tv statunitensi di aver agito in pieno accordo col governo Netanyahu, di aver distrutto le tre centrali nucleari e di aver “invitato” l’Iran ad accettare la pace altrimenti per Teheran sarà una tragedia.

Poco dopo Israele ha bombardato il Sud del Libano, così, giusto per non farsi mancare nulla.

Da parte iraniana le prime reazioni sono state affidate alla tv di Stato (quella bombardata l’altro giorno), mentre verso le 5:00 è arrivato il comunicato dell’ayatollah Ali Khamenei in cui promette vendetta. Il suo ministro degli Esteri ha poi specificato che la risposta avverrà in base alla carta delle Nazioni Unite (art. 51).

Contemporaneamente gli houthi dallo Yemen hanno fatto sapere di essere in guerra e consigliato di tenere lontane le navi dalle loro acque territoriali.

Sempre di prima mattina è emersa la notizia che non si riscontrano aumenti del livello di radioattività nei tre siti colpiti, il che avvalora le tesi che l’uranio sia stato spostato per tempo o che le bombe non siano riuscite a scalfire i bunker sotterranei che proteggono le centrali iraniane.

Attorno alle 7 l’Iran ha lanciato una trentina di missili verso Israele. Centrate Tel Aviv e Haifa, obiettivi abituali in questi dieci giorni di guerra. È stato utilizzato per la prima volta uno dei missili balistici a medio raggio più sofisticati, il Khyber, che prende il nome da una battaglia del 628 d.C. in cui un esercito musulmano sconfisse una comunità ebraica.

Alle 8 Israele ha lanciato i suoi caccia per una serie di attacchi nell’Iran occidentale.

Non si registrano altre attività belliche.

Ora alcune considerazioni a caldo.

Leggerete ovunque della chiusura dello stretto di Hormuz da cui passa circa il 30% del traffico marittimo globale e del conseguente rialzo del prezzo del petrolio a 120-130 dollari. Come già detto altre volte, non funziona più così: la finanza di Wall Street e le banche centrali che da essa dipendono hanno ancora la forza di tenere i prezzi sotto controllo, a meno che la situazione non sfugga di mano.

A detta di molti esperti, i bunker sotterranei non sono stati distrutti. Le difese antiaeree iraniane non si sono ancora riprese dal blitz del Mossad effettuato il primo giorno di guerra.

Nonostante i colpi subiti, l’Iran mantiene una buona capacità di colpire Israele grazie alle ingenti scorte di missili.

Le difese antiaeree israeliane si assottigliano sempre di più.

Si leggono in queste ore speculazioni di ogni genere. Per alcuni gli Stati Uniti avevano avvisato l’Iran in anticipo ottenendo un impegno a non rifarsi sulle basi statunitensi presenti in Medio Oriente. Per altri l’attacco è solo un pretesto per scatenare una dura risposta iraniana e quindi avere poi la scusa per un coinvolgimento al 100% dell’aviazione e della marina Usa.

Sulle possibili reazioni di Russia e Cina se ne dicono di tutti i tipi; in generale i pro iraniani sono convinti di un loro intervento, mentre i pro israeliani la pensano esattamente al contrario.

Cambiano i presidenti negli Stati Uniti, ma la politica estera rimane sempre quella decisa all’indomani dell’11 settembre e descritta nel primo articolo (qui). Anche Tulsi Gabbard, pubblicamente contraria a bombardare l’Iran. è stata ricondotta all’ovile, mentre l’altro scettico, Steve Witkoff, sono giorni che non si sente.

Netanyahu ha più vite dei gatti; sono vent’anni che tutti predicono la sua fine politica anche a causa dei processi che lo vedono coinvolto e invece il premier israeliano riesce sempre a creare situazioni che lo mantengono al potere.

La diplomazia in Occidente è morta e sepolta. E con essa la credibilità di quasi ogni governo facente parte della Nato.

Molto probabile a questo punto che l’Iran proverà a dotarsi dell’arma atomica per avere un serio deterrente contro le ingerenze esterne e non certo per attaccare i suoi nemici. Il ministro degli Esteri Araghchi è diretto verso Mosca, sempre più crocevia delle controversie internazionali.

Quando scrive Seymour Hersch, anche a 88 anni, è bene leggerlo e prendere nota. Due giorni fa aveva preannunciato quanto è avvenuto.

Al contrario, quando l’Europa dichiara qualsiasi cosa è bene leggerla e dimenticarsela in fretta. Come fa il resto del mondo.

Affidiamoci con sempre maggior forza al buon Dio!

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