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Ma il fine non giustifica mai i mezzi

di Giovanni Formicola

Caro Aldo Maria,

il tuo anonimo lettore (L’albero e i frutti. Osservazioni sulla nota della Congregazione per la dottrina della fede in materia di vaccini) dice tante cose giuste su Congregazione per la dottrina della fede e “vaccini” (uso le virgolette perché, come ben sai,  vaccini non sono), ma anche lui come tanti pure giustamente avversi ai “vaccini” e alle posizioni di troppi uomini di Chiesa, Papa e Cdf (questa con minore compromissione, perché riconosce che non può sussistere un’obbligazione morale e sociale a vaccinarsi) compresi, mi sembra che non colga il vero nodo della questione, Sinteticamente.

1.Che i “vaccini” anti-covid non siano eticamente ineccepibili – eufemismo inquietante – è pacifico, altrimenti non ci sarebbe problema.

2. Da parte della Cdf si ritiene tuttavia che

2.1. chi li assuma cooperi in modo solo remoto al male, ma qualunque cosa questa formula gesuitica possa significare, si tratta pur sempre di cooperazione al male, e quindi comunque colpevole, sia pure in modo attenuato: chi acquisti consapevolmente un’autovettura rubata e riciclata molti anni fa, sempre una ricettazione commette;

2.2. la presenza di una grave emergenza sanitaria non altrimenti fronteggiabile in ogni caso ne giustifichi l’assunzione.

3. E qui è il vero punto. Ci si diffonde a dimostrare, giustamente, che l’emergenza particolarmente grave non sussiste (e sia piuttosto causata dall’impedimento e il boicottaggio delle cure precoci domiciliari), e che il “vaccino” non sia l’unico e indispensabile rimedio. Ma se l’emergenza fosse effettivamente tale e il “vaccino” eticamente non ineccepibile l’unico argine, sarebbe accettabile quanto sostiene la Cdf? Sì, ma solo se si accetta il contro-principio che sunt facienda mala ut eveniant bona, cioè che il fine giustifichi i mezzi. Questa è l’unica vera aporia dell’istruzione della Cdf, che la rende inaccettabile, perché rovescia un principio da sempre e sempre parte costitutiva della morale naturale e cristiana insegnata dal Magistero autentico: il fine NON giustifica i mezziNON sunt facienda mala ut eveniant bona.

«[,,,] Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male [anche come cooperazione remota], affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali» (san Paolo VI, Humanae vitae, 25 luglio 1968, n. 14).

Un caro saluto

 

Aldo Maria Valli:
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